L'Estonia, sin dalla sua indipendenza ottenuta nel 1991, è considerata un paese Nordico "a metà", diviso fra il suo passato sovietico e la sua cultura ugro-finnica e gli stretti legami con la Scandinavia, inclusa quella minoranza di lingua svedese che per lungo tempo l'ha abitata.
E' anche per questo che le elezioni di ieri diventano estremamente interessanti nel panorama nordico. Un altro motivo di curiosità era il test di popolarità per la premier Kaja Kallas, che si è spesa in favore dell'Ucraina sin dall'inizio del conflitto nelle sedi internazionali, Nato e Unione Europea su tutte.
Il risultato è stato soddisfacente per la Prima Ministra 46enne, al potere da poco più di due anni con il Partito Riformista, che è cresciuto del 2.7% passando al 31.24 dei consensi, equivalenti a 37 dei 101 seggi del parlamento estone. L'ottimo risultato è arrivato in contemporanea ad un'altro exploit, ovvero quello della lista liberale "Estonia 200" che ha ottenuto il 13.3% dei voti. Assieme, i due partiti centristi porterebbero in dote i 51 seggi necessari per la maggioranza assoluta.
La vittoria di riformisti e liberali è arrivata a scapito del Partito di Centro, formazione rurale gemella degli omonimi partiti nordici e storicamente sostenuta dalla numerosa comunità russofona: complice il legame storico con Russia Unita, il partito di Vladimir Putin, la formazione dell'ex premier Juri Ratas è precipitata perdendo oltre l'8% delle preferenze.
In parlamento entrerà anche l'estrema destra di lingua estone che ha chiesto un riconteggio del voto pervenuto online (16.05%), i socialdemocratici che rimangono stabili al 9% e la destra moderata di "Patria" che è caduta dall'11 all'8%. Fuori dal parlamento la sinistra radicale filo-russa.
La premier Kallas, destinata a proseguire il suo incarico a Tallinn, è favorevole all'ingresso di Svezia e Finlandia nell'Unione Europea, votato a stragrande maggioranza dal parlamento estone lo scorso luglio.