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Ulf Kristersson, il perdente che vince


I detrattori lo definiscono noioso, assillante, camaleontico, a volte monotematico. Il suo obiettivo preferito era Stefan Lofven e quasi lo rimpiange, perchè, se ci fosse stato lui al posto di Magdalena Andersson, non avrebbe dovuto aspettare mercoledì sera per esultare. Camaleontico perchè ai tempi dei giovani Moderati era lui l’ala liberale del partito (e il futuro premier Reinfeldt quella conservatrice), ora i ruoli si sono invertiti. Monotematico, perchè il suo slogan, “Mettiamo la Svezia in ordine”, è strettamente legato alle profonde critiche inferte al governo socialdemocratico sulla sicurezza e sull’egemonia della criminalità organizzata nei quartieri ghetto.


Ulf Kristersson arriverà a Rosenbad, o almeno ha davanti a sè la possibilità di farlo, dopo due rovesci elettorali consecutivi. Domenica sera, dopo i primi risultati, era fondamentalmente dimissionario: nel 2018 non era riuscito a scalzare Stefan Lofven dalla poltrona di Primo Ministro e quest’anno sembrava che le cose si mettessero bene per Magdalena Andersson. Poi sono arrivati i voti della Scania (roccaforte dei Democratici Svedesi) e degli svedesi all’estero, un elettorato tradizionalmente urbano e non ostile ai Moderati, e così, nonostante l’addio al secondo posto (i Moderati lo occupavano dal 1979) e 59.000 voti in meno rispetto a quattro anni prima, il mercoledì sera ha potuto cantare vittoria.


Formazione economica, un decennio trascorso a lavorare nel settore privato e per il think-tank liberale Timbro, tre figlie adottive di origine cinese. Prima delle elezioni del 2018 aveva preso il posto della prima leader donna dei Moderati, Anna Kinberg Batra, che non era riuscita a convincere l’elettorato e si era lasciata sopraffare dalle correnti interne. Kristersson ha messo in ordine per primo il partito, anche a costo di perdere qualche voto: per prima cosa, ha rimosso ogni ostacolo alla collaborazione con i Democratici Svedesi, il partito della destra populista che domenica sera lo ha sconfitto nella corsa al second posto, poi ha preparato il carico da novanta contro il governo di Lofven. Prima ha strappato loro gli alleati liberali, poi ha puntato sull’immigrazione, costringendo gli avversari a correre ai ripari con Magdalena Andersson durante l’ultimo congresso.


Con Magdalena Andersson i rapporti sono stati cordiali, lui le ha riconosciuto sin da subito una certa competenza e pragmaticità. Assieme si sono recati a Kyiv per incontrare Zelensky, assieme hanno sostenuto l’ingresso nella Nato ed entrambi si sono ritrovati ad Eskilstuna dopo l’ultima di tante sparatorie. Ora ha l’occasione di sostituirla, ma la strada non è spianata.


Per prima cosa c’è l’ostacolo delle alleanze di governo: è dal 1979 che l’incarico di governo non viene affidato al leader del terzo partito (all’epoca fu il centrista Fälldin), stesso anno delle dimissioni di Ola Ullsten che aveva guidato il governo di minoranza più piccolo della storia svedese (38 seggi dei Liberali sostenuti dal resto del centrodestra). Difficile pensare ad un monocolore Moderato, più probabile un’alleanza con i Democristiani (assieme arriverebbero ad 88 seggi). I Democratici Svedesi pretendono un posto a tavola, ma i Liberali non ci starebbero e, già oggi, almeno tre esponenti centristi hanno dichiarato di non voler sostenere un governo con la partecipazione attiva della destra radicale. Se supererà questo scoglio, le porte di Rosenbad finalmente si apriranno.

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