
Entrare in casa di Antonio Domenico Trivilino è una piacevole esperienza, quasi sensoriale: fra i quadri di artisti cubani, ritratti di amici di famiglia e opere del padre di Antonio, scultore, si capisce contemporaneamente che in casa vi abitano norvegesi e italiani. Un piccolo lembo di Abruzzo vicino a Majorstua.
Antonio Domenico Trivilino è in Norvegia da 48 anni dopo essere transitato dall’Islanda (“In tutta l’isola eravamo due Italiani, l’altro era un altoatesino di lingua tedesca e il console onorario sapeva solo dire Buongiorno signorina, anche ai maschi”). Una passione per l’Isola del Coccodrillo che dorme (sempre Cuba), sul tavolo i biscotti alla cannella fatti dai nipotini con l’aiuto della nonna. In testa, l’idea di correre alle elezioni amministrative di Oslo del prossimo settembre nelle liste della Sinistra Socialista, il partito rosso-verde che oggi esprime la sindaca Marianne Borgen. Le liste sono già fatte, anche perchè in Norvegia le scadenze elettorali sono immutabili e quindi le campagne elettorali sono lunghissime. E con la possibilità del voto disgiunto, l’idea di un italiano nella sala di Sankt Hallvard non è più così peregrina.
Arrivato quasi alle nozze d’oro della permanenza in Norvegia, si candida al consiglio comunale di Oslo. Come nasce questa scelta?
Nasce dopo un lungo periodo di inattività politica. Sono stato iscritto al Partito Rosso (Rødt, in Norvegese), ma essendo io favorevole all’idea dell’Unione Europea e loro contrari, sono stato declassato nella lista dei candidati e quindi non sono stato eletto. Oltre a questo disappunto, ce n’è stato uno ideologico: sono stato per due mesi a Cuba e mi ha colpito non tanto la presenza di povertà, quella me la potevo aspettare, ma la ricchezza di alcuni militari, politici, uomini di alto rango. Il ritornare alla politica si basa su questo: la Norvegia che conoscevo io, quella degli anni ’70, non esiste più.
Com’era la Norvegia negli anni ’70?
Aveva come idea quella di cercare di avvicinare i ricchi ai poveri innalzando lo status dei poveri. I poveri norvegesi degli anni ’70, in un contesto Europeo, non erano poveri. Li erano in relazione ai ricchi, mentre oggi un povero norvegese è al di sotto della soglia di povertà europea. E’ emersa poi un’idea legata al fatto che le pensioni minime o i sussidi debbano essere bassissimi, in maniera tale che la gente venga stimolata ad andare a lavorare, dimenticando però che ci sono persone malate o disabili, anche dalla nascita, o perchè in alcuni contesti non ci sono posti di lavoro che richiedono qualità o conoscenze che non tutti hanno. Una volta, il livello richiesto per trovare lavoro era più basso. Come si fa a pretendere che tutti lavorino quando oggi le macchine hanno preso il posto di tanti lavoratori? Bisogna rivedere il concetto di redistribuzione della ricchezza prodotta dalle macchine. La mia generazione, o per lo meno quelli della mia generazione che stavano a sinistra, non è stata capace di opporsi al liberismo. Per molti, l’idea della Thatcher, che ha distrutto i sindacati nel Regno Unito, è stata una bandiera. E’ stato distrutto il risultato del lavoro di tante persone a vantaggio di pochissimi che a loro volta diminuiscono di numero. Non è che pretendo di poter cambiare questo sistema da un consiglio comunale, ma è ciò che a 75 anni mi ha spinto a riscendere in campo.
Con che occhi un italiano vede la Norvegia che cambia e come può aspettarsi di essere visto dagli altri italiani?
Bisogna fare un passo indietro. I norvegesi hanno sempre avuto un forte scetticismo, a volte razzismo, nei confronti degli stranieri. Agli inizi degli anni ’70 stava per esaurirsi una specie di odio verso gli italiani, iniziava quello canalizzato verso i pakistani, oggi il bersaglio sono i somali. Se sono scuri e musulmani è la miscela perfetta per accumulare tutto l’odio in circolazione, dimenticando che ogni persona possa essere buona o cattiva indipendentemente dalla provenienza. La differenza è che negli anni ’70 era facilissimo trovare lavoro, bastava avere letteralmente due mani, a volte ne bastava una, e si trovava lavoro il giorno dopo all’arrivo, senza conoscere la lingua. Oggi questo non avviene, gli italiani che vivevano qui erano soprattutto persone con un’istruzione relativamente bassa, ma capaci di lavorare, erano artigiani, cuochi, camerieri. Gente che conosceva il proprio mestiere e che si è inserita senza problemi, al massimo avevano qualche problema ad ambientarsi con il buio. Per quanto riguarda gli Italiani c’è sempre stata una divisione che rispecchia anche l’Italia, una sorta di divisione di classe. Gli artigiani, per esempio, facevano parte delle associazioni Italiane, mentre gli altri, ad esempio i laureati, non facevano parte dell’associazionismo, ma andavano all’Istituto Italiano di Cultura, per loro era più facile imparare la lingua o avere contatti con i norvegesi. Oggi questa frattura c’è ancora, ma si nota di meno perchè i contatti avvengono in forma informatica e forse si trasforma in una frattura più generazionale piuttosto che del livello di istruzione. Una volta gli italiani in Norvegia erano pochi, oggi siamo oltre 10.000, inizia ad essere una consistenza importante e crea differenza.
Se fra nove mesi dovesse essere eletto, cosa intende promuovere come consigliere?
E’ difficile dare una risposta, dato che a livello cittadino le competenze sono diverse rispetto a quelle nazionali. Il fatto di partecipare permette di influire, non dico necessariamente essere eletto, ma magari divenendo supplente dei titolari può succedere qualcosa, anche se ovviamente non auguro a nessuno di ammalarsi. Non posso accettare che moltissimi minori venuti in Norvegia spariscano.
Dove finiscono?
Probabilmente in qualche traffico illegale. Ci sono tanti ragazzi, minori non accompagnati, di cui non si conosce la fine. Anche solo ripetere il fatto che esista il problema, è un passo verso la risoluzione. Non possiamo far finta di niente quando delle persone spariscono, soprattutto quando si tratta di minori. Un altro tema che mi sta a cuore sono gli anziani, ho partecipato per otto anni al Consiglio degli Anziani di Oslo. Io abitando qui non ho potuto assistere a mio padre, ma sono stato fortunato perchè c’era mio fratello. Vorrei favorire la creazione di ospizi dove, oltre al norvegese, vi sia personale in grado di parlare altre lingue. L’allungamento dell’aspettativa di vita porta anche ad un maggior numero di casi di Alzheimer o di demenza, ci saranno molti che finiranno per perdere la lingua acquisita, in questo caso il norvegese, e dovranno esserci infermieri in grado di parlare spagnolo, inglese, urdu, le lingue più comuni. In questo campo è molto che batto, sono stato accusato dal Fremskrittpartiet (ndr, il Partito del Progresso, di ispirazione populista e conservatrice) di essere contrario all’integrazione, una cosa assurda. Stiamo parlando di anziani che stanno per morire.
Questo è un tema molto ricorrente...
Riguardo alla cura per gli anziani, in un sondaggio anonimo dell’Università di Trondheim il 76% delle persone intervistate nelle strutture ha dichiarato di aver assistito ad atti di violenza contro anziani e il 66% di averle commesse. La discussione poi è diventata di lana caprina, si è parlato anche della natura di questa violenza. Chiaro, negli ospizi ci sono anche anziani che aggrediscono i medici o gli altri pazienti, però quello che è importante notare è che ci sono poche persone a prendersi cura di loro e sono oberate di lavoro. E’ molto più facile che emerga la violenza in questo contesto. Il numero degli anziani in queste strutture aumenterà, soprattutto perchè molta gente crede che gli stranieri si prenderanno cura dei loro vecchi al contrario dei norvegesi. Gli stranieri che sono venuti da piccoli o nati in Norvegia, diventano norvegesi e non avranno, non dico la voglia, ma la possibilità di aiutare a casa i propri cari, perchè nelle famiglie dovranno lavorare entrambi i genitori. E se i bambini vanno all’asilo, gli anziani finiscono all’ospizio. Fra le altre questioni penso alla sicurezza sul lavoro nelle costruzioni...
In effetti è una città piena di cantieri
Le costruzioni sono disegnate da architetti norvegesi, ma fatte da mani di operai stranieri. Ogni anno muoiono almeno dieci persone nei cantieri. C’è un servizio di controllo che non funziona, al massimo fanno qualche multa che spesso finisce in prescrizione. Inoltre spesso questi incidenti accadono anche perchè non si capisce la lingua, troppe persone si basano su una lingua veicolare come l’inglese senza capire il norvegese e questo è sbagliato. Ci sono corsi gratuiti per persone che arrivano fuori dallo Spazio Economico Europeo, ma che non coinvolgono chi ne fa parte, pensiamo agli italiani, ma anche ai polacchi che sono la comunità più presente in Norvegia oggi. Infine c’è un altro punto.
Quale?
Bisogna prendersi cura della natalità. Una donna incinta deve essere seguita, assistita e avere la possibilità di partorire negli ospedali, invece questo sta diventando un problema. Ovviamente non è un discorso legato alla volontà di abortire, mi riferisco al fatto che ci sia bisogno di maggior cura per chi vuole portare avanti la gravidanza.
Cambiando discorso, sulla Scandinavia mi sono spesso posto, dalle elezioni del 25 settembre, il problema dell’identità della sinistra. Qui nel Nord Europa governa ancora in Norvegia, in Danimarca e in Finlandia, mentre in Svezia, pur perdendo, i socialdemocratici hanno ottenuto un buon risultato. Cosa succede qui, che la sinistra italiana non riesce a riprodurre?
E’ mancata la capacità di unire le proprie forze, in realtà il numero degli elettori è stato più alto di quelli di destra.
Bisognerebbe chiedere a un elettore del Movimento 5 Stelle o del Terzo Polo se si sente di sinistra...
Il punto è che si vive ancora nell’idea del grande partito comunista che si è sfaldato completamente, senza però creare un’alternativa reale. Sono nati tanti rivoletti da un fiume, ma questi rivoletti non sono riusciti a rigenerare un fiume. In Norvegia, in realtà, c’è un altro problema, forse più grave di quello italiano: qui le sinistre sono sulla difensiva, attuano una politica quasi di destra per non perdere consensi. La parola “snillisme”, l’equivalente di buonismo, è stata coniata da Rune Gerhardsen, il figlio di Einar, che è stato il più grande leader laburista norvegese. Hanno cercato di utilizzare un linguaggio della destra più populista per non perdere voti. In questo momento, guardando i sondaggi, ci sarebbe un sorpasso clamoroso della destra, anche perchè l’alleanza con il Senterpartiet, che una volta era il partito dei contadini, non rappresenta più la forza politica di un tempo. Qui lo stato da forti sussidi ai contadini e credo sia una cosa stupenda perchè in un mondo dove c’è fame, produrre cibo è un fatto in sè e per sè positivo. Si permette a persone nate in un posto la possibilità di scegliere se voler restare o trasferirsi in città. E’ chiaro che molta gente si trasferirà in città, ma avverrà in modo più lento e la scelta favorisce anche chi vive in città, così si evita un rapido assembramento. In un mondo che muore di fame, chi produce cibo deve essere aiutato in tutti i modi