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Toni Ricciardi (PD), fermare l'esodo "ma non chiamatela fuga dei cervelli"


Toni Ricciardi, classe 1978, è capolista alla Camera per il Partito Democratico, parliamo ovviamente della Circoscrizione Europa nella quale votano i residenti in Scandinavia e Finlandia. Di origini Irpine, vive a Ginevra ed è esperto in Storia delle Migrazioni e delle Catastrofi.


E’ la sua seconda candidatura, dopo quella del 2018...

Il tentativo di cinque anni fa si muoveva da presupposti diversi. Era una prima esperienza, con dinamiche diverse, un modo per cimentarsi. Questa volta la sfida si gioca in maniera diversa.


Due degli eletti del PD all’estero nell’ultima legislatura hanno cambiato partito, ci saranno degli strascichi nella contesa Europea?

Bisognerebbe chiederlo a chi è stato eletto coi voti del PD e senza spiegare il perchè ha deciso di cambiare partito. Dopodichè credo che strascichi non ce ne siano, non vedo consistenza di quel gruppo organizzato. Confido nell’intelligenza degli elettori che sono sempre un passo più avanti di tutti noi per indirizzare voti utili. E’ vero che il sistema all’estero è scollegato da quello Italiano, ma un parlamentare eletto finisce nel contenitore nazionale italiano. Non siamo una riserva indiana.


Quali sono i punti su cui intende lavorare maggiormente?

Ne ho contati otto nel mio programma ideale. Bisogna introdurre il principio di premialità nei servizi offerti dai consolati e dalle ambasciate, pensando al costo della vita per i dipendenti in un paese piuttosto che un altro e ai tempi di attesa. CI sono luoghi in cui ci vogliono fra i 6 e gli 8 mesi per richiedere i passaporti.

Bisognerà uniformare la procedura e l’informatizzazione nel rapporto con i comuni e dare seguito alla convenzione fra Maeci e patronati per offrire servizi in grado di smaltire il sovraccarico di alcuni consolati.


Servono soldi, giusto?

Gli iscritti all’Aire sono oltre sei milioni di cui 3 in Europa, a cui si aggiungono quelli non registrati. Siamo la ventunesima regione d’Italia. Se nella ripartizione delle risorse del bilancio la comunità Italiana all’estero pesa il 10%, in teoria dovremmo avere diritto al 10% delle risorse finanziarie. Non dico di arrivare a questi punti perchè su una manovra da 30 miliardi si tratterebbe di un’infinità di soldi, ma stiamo parlando di una comunità che brinda quando ottiene un finanziamento di una manciata di milioni per avviare un corso di lingua.


E per chi ha casa in Italia o vorrebbe tornare?

Chi sostiene l’abolizione totale dell’Imu sulla casa in Italia deve dire dove trova 100 milioni di Euro. Come possiamo metterci al riparo da infrazioni Europee? Ad esempio equiparare la casa nel comune di domicilio a prima casa. Oppure a come rivedere il pagamento della Tari per chi trascorre in Italia periodi limitati di tempo. Per chi vuole tornare dobbiamo pensare alla mobilità ambientale: ci sono start up che rispettano il global impact e adottano sistemi che sposano i processi innovativi e di tutela ambientale. Bisogna attrarre queste start-up, ad esempio al Sud o nelle aree di margine e possiamo farlo attraverso la fiscalità. E poi pensare ai “diversamente presenti”, chi ha la possibilità di lavorare in smart-working in Italia, sempre nelle aree che progressivamente vanno spopolandosi, pur dipendendo da aziende estere. Quando la pandemia è arrivata c’erano persone che lavoravano in smart working da 15 anni.


Beh ma c’è già la misura contro-esodo.

Andrebbe adeguata, perchè funziona solo quando uno il lavoro lo trova per conto proprio, non esiste una corsia preferenziale o facilitata. Pensiamo alla pubblica amministrazione: è un grosso pachiderma da svecchiare, tanti stanno andando in pensione, bisogna sostituirli con personale di livello e lavorare all’estero deve essere un valore aggiunto.


Per quanto riguarda la rappresentanza?

Penso ai Comites, sono un’idea degli anni ’60 e inizialmente erano nominati al suo interno gli esponenti delle associazioni, ora però i membri sono eletti e rischiano di confliggere nei paesi con forte presenza associativa. Devono avere una funzione diversa, equiparabile ai consigli comunali in Italia, non è possibile che non ci siano autorità di rappresentanza, soprattutto con una popolazione Italiana in costante crescita all’estero.


E’ in sintomo di una società che cambia

Certo. Se pensiamo ai diritti, mi viene in mente l’equiparazione automatica del matrimonio fra coppie dello stesso sesso contratto all’estero in forma ordinaria negli stati che lo prevedono e il diritto alla genitorialità. Questa ora avviene solo attraverso sentenze dei tribunali. Questi diritti non privano altri cittadini dei medesimi diritti.


Ok, però i numeri sono impietosi, come potete pensare di vincere?

Questa legge elettorale obbliga ad accordi, cosa diversa rispetto alle coalizioni programmatiche. La sfida sarà fra chi diventa il primo partito ed è fra noi e Fratelli d’Italia. Una volta stabilito quello, capiremo l’assetto. Vivendo vicino alla Francia osservo da vicino la narrazione attorno alla Le Pen. E’ vero che ha ottenuto un risultato storico, ma non riesce mai a sfondare perchè si crea una barriera di sicurezza.


Ma quella barriera non è stata superata già nel ’94?

La Forza Italia del ’94 è diversa da quella di oggi. Interpretava una visione liberal, diversa dalla mia, ma rispettabile. Oggi non siamo di fronte a due schieramenti classici, la discriminante è che chi ci è di fronte rischia di farci precipitare verso una crisi sociale e meno democrazia. Pensiamo a Trump, nessuno avrebbe mai detto che sarebbe diventato presidente qualche anno fa. Oppure la Lega in Italia, volevano dividere il paese e ora prendono voti al Sud.


E qual è la causa secondo lei?

Ci sono sacche di società a cui i partiti non danno più risposte. Letta ha portato a riscoprire i fondamentali, la prossimità, la capacità di essere nei territori, altrimenti lo scollamento è totale. Non possiamo pensare ad un paese che si rapporta coi cittadini solo con bonus a scadenza e click day.


Però all’estero la musica è diversa, il PD è stato il primo partito...

E’ una fotografia diversa, in Europa abbiamo preso il doppio che in Italia perchè le questioni, i temi sociali ed economici sono diversi, le priorità sono altre.


Ma il populismo lo abbiamo anche noi nel Nord Europa dove la qualità della vita è molto alta

Attecchisce sia a destra che a sinistra, è una capacità di intercettare fasce sociali e i partiti di massa non l’hanno più. I partiti sono contenitori che organizzano la rappresentanza di interessi e noi facciamo fatica ad avere chi è in grado di rappresentare l’imprenditore e l’operaio, il problema è su scala globale e si affronta educando. Quando ero volontario di Legambiente andavamo nelle scuole spiegando ai più piccoli una certa visione del mondo, nella gestione della raccolta differenziata. Questo inciderà sulle scelte comportamentali degli adulti.


Lei è storico delle migrazioni, cosa ci insegna la storia per capire come gestire le migrazioni sia per gli Italiani all’estero che nella gestione dell’accoglienza

La questione demografica assilla le cancellerie europee da almeno tre secoli. Fino alla Rivoluzione Francese l’immigrazione era vista come una risorsa perchè l’Europa era attraversata da conflitti e pandemia. Il paradigma cambia con la rivoluzione industriale quando con la popolazione in eccesso tagliata fuori dalla produzione, l’emigrazione smette di essere una piaga. Però i paesi che hanno accolto hanno avuto prestazioni economiche superiori. Anche nel periodo più recente, nel dopoguerra, Svizzera, Germania e in parte Belgio hanno avuto tassi di crescita superiori rispetto a Regno Unito e Stati Uniti.


E per chi è in Italia?

Siamo in un inverno demografico, il Mezzogiorno è colpito da emigrazioni, questioni ambientali e paesi, non frazioni, veri e propri paesi, possono morire rapidamente. Intere comunità di paesi con poche decine di abitanti scompaiono, anche nella fascia alpina o nel centro della Spagna.

Bisogna creare condizioni per essere attrattivi. Infatti l’immigrazione è meno presente in questa campagna elettorale perchè i cittadini si sono resi conto che i migranti non ci sono: sbarcano, ma poi non rimangono in Italia, le rotte si stanno dirigendo da tutt’altra parte. E la soluzione del blocco navale è impossibile da un punto di vista legale.


Però bisogna anche fermare la fuga

La narrazione della provincia Italiana è che con 1200 Euro e una casa di proprietà, 30 anni fa, si poteva vivere nel proprio paesino. I 30 anni sono passati, il costo della vita si è alzato, ma lo stipendio è sempre quello. Bisogna fare un’opera strutturale di aumento dei salari, salirà anche il costo della vita, ma il margine di guadagno sarà più ampio. E per favore, aboliamo alcune parole: non c’è una fuga dei cervelli, non fosse altro perchè questo significherebbe che chi rimane il cervello non lo ha e non è vero. E poi, i 2/3 di chi arriva all’estero ha al massimo un diploma di scuola superiore, siamo di fronte ad una mobilità molto più simile a quella degli anni ’50 che non a quella degli anni ’90 o 2000.


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