La tensione fra la Svezia e il mondo islamico non si placa, a seguito del rogo di una copia del Corano ad opera di un cittadino irakeno di fronte all’ambasciata del suo paese e l’assalto all’ambasciata svedese a Baghdad. Per questo fine settimana, è stato richiesto il permesso per una manifestazione di fronte all’ambasciata dell’Iran per la quale si teme un nuovo rogo.
La settimana trascorsa ha visto Stoccolma coinvolta in una complicata crisi diplomatica con l’Irak, accusato di non aver fatto abbastanza per proteggere la rappresentanza diplomatica svedese (i cui componenti sono riusciti a mettersi al riparo). Il governo di Baghdad ha annunciato il ritiro del proprio ambasciatore in Svezia, la possibile espulsione dell’ambasciatore svedese e la volontà di bloccare ogni accordo commerciale con aziende del paese nordico. A rinfocolare la tensione con l’Irak, una nuova protesta è avvenuta ieri a Copenhagen, in Danimarca, di fronte all’ambasciata.
Oltre all’Irak, altri paesi del Medio Oriente hanno convocato gli ambasciatori svedesi per chiarimenti: è stato il caso di Qatar e Arabia Saudita, mentre l’Iran ha avvertito che potrebbe non riconoscere le credenziali al nuovo ambasciatore svedese, in arrivo a breve. Qualora la protesta e il rogo del Corano dovessero verificarsi di fronte all’ambasciata iraniana, si potrebbe arrivare ad una ulteriore escalation, questa volta con Teheran. Nella giornata di ieri, anche in Yemen si sono registrate proteste nei confronti della Svezia.
La legge svedese prevede che tali manifestazioni rientrino nell’ambito della critica religiosa e le autorità non possono annullarle, come sancito dalla Corte Costituzionale svedese già quest’anno, dopo che un paio di manifestazioni annunciate erano state cancellate per il timore di incidenti. L’unica possibilità, per le forze dell’ordine, è quella di convincere i manifestanti a svolgere la loro attività altrove.