
Per il momento non fa progressi l’accesso alla Nato di Svezia e Finlandia, rimasto in sospeso a causa dell’opposizione turca nei confronti dei due governi, in particolar modo quello svedese, a causa della presenza nel Nord Europa di simpatizzanti curdi e del presunto golpista Fetullah Gulen.
Ratificata da 28 paesi membri su 30, la domanda di ingresso di Svezia e Finlandia, decisa in seguito all’aggressione russa in Ucraina, è rimasta impantanata sui due governi che nel corso del 2022 hanno dimostrato maggiore apertura nei confronti di Mosca. Uno è l’Ungheria di Viktor Orban, dove però la ratifica è stata calendarizzata in parlamento e, salvo ulteriori ritardi, verrà votata il 20 febbraio. L’altro è la Turchia di Erdogan, coinvolto in trattative con Putin e Zelenskiy e deciso ad utilizzare la domanda di ingresso dei paesi nordici a suo beneficio.
Erdogan, al potere in Turchia da un ventennio, si ritroverà a breve coinvolto nella campagna per le elezioni presidenziali più combattute da quando è al vertice del paese (tanto che uno dei contendenti, il sindaco di Istanbul, è stato fermato dal tribunale per offesa a pubblico ufficiale) e sta cercando di catalizzare il sostegno dei nazionalisti.
Da anni, in Svezia (e in misura minore in Finlandia), risiede una nutrita comunità curda profondamente critica nei confronti di Ankara (una di queste, Amineh Kakabaveh, di origini iraniane, era stata nel Riksdag con il Partito della Sinistra), i cui membri di nazionalità turca e rifugiati per motivi politici temono di poter essere deportati in seguito ad un accordo fra i due paesi. Ad essi si aggiungono i simpatizzanti del predicatore Fetullah Gulen, accusato da Ankara di essere stato l’artefice del fallito golpe del 2016, sulla cui origine persistono ancora molti dubbi. Alcuni osservatori sostengono che il golpe sia stato inscenato dallo stesso Erdogan per giustificare una stretta sulle libertà civili.
Nel week-end, si sono registrate due affermazioni importanti da parte dei politici di Stoccolma ed Helsinki: il premier svedese Ulf Kristersson ha dichiarato che “La Turchia vuole qualcosa che noi non possiamo e non vogliamo concedere”. Kristersson non ha rilasciato ulteriori spiegazioni, ma si intuisce il riferimento all’estradizione di coloro che Erdogan definisce terroristi. Ad Helsinki, il Ministro degli Esteri Pekka Haavisto (che nel 2024 potrebbe essere fra i principali candidati ale presidenziali) ha dichiarato che una mancata ratifica della Turchia entro l’estate equivarrebbe a un sostegno di Ankara nei confronti di Putin e che è in corso una trattativa con gli Stati Uniti per stipulare un accordo di difesa comune, simile a quello già in vigore con il Regno Unito, che garantirebbe la protezione del Nord Europa in attesa dell’ingresso definitivo nell’Alleanza Atlantica.