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Stoccolma è sotto attacco, ma l'Italia può insegnare


Anche questo fine settimana, nella capitale svedese, si sono registrati delitti violenti probabilmente legati al mondo della criminalità organizzata. Secondo la tv di stato svedese, sarebbero almeno diciannove gli episodi ascrivibili alla faida fra gang avvenuti dall’inizio dell’anno.


Venerdì sera è avvenuta una sparatoria a ridosso di un condominio a Farsta, sabato un uomo è stato ucciso con arma da fuoco a Solna, tre esplosioni si sono verificate a Fruängen, Skarpnäck e Tumba, infine tre persone sono state arrestate dalla polizia dopo che, in un auto incidentata a Gullmarsplan, è stata ritrovata un’arma.


Di primo acchito, verrebbe da dire che la promessa di combattere adeguatamente la criminalità organizzata, che durante gli ultimi anni ha colpito a ondate anche Göteborg, non ha ancora visto interventi risolutivi da parte del governo di centro-destra. Non solo ci vorrà tempo per introdurre le misure di cui il premier Kristersson si era fatto garante (controlli nei quartieri a rischio, intercettazioni e programma testimoni), ma al momento la maggioranza è concentrata sul semestre di presidenza dell’Unione Europea, mentre tiene banco la questione sul sostegno per il caro energia, fonte di divisione fra Moderati e Cristiano Democratici.


Sono sicuramente molti gli ambiti in cui la Svezia primeggia rispetto al nostro paese. E’ possibile, tuttavia, che, sulla questione legata alla criminalità organizzata, Stoccolma potrebbe prendere esempio da Roma. Proprio in occasione della cattura di Matteo Messina Denaro, le cui circostanze della latitanza dovranno essere ampiamente investigate per comprendere come sia stato possibile, per lui, resistere così a lungo e da chi sia stato assistito, l’Italia ha dimostrato come sia possibile colpire anche i “pesci grossi”. Lo si fa intanto partendo dal presupposto che questo tipo di criminali non sono dei supereroi o persone intelligentissime mosse da principi sbagliati: sono per lo più dei semianalfabeti la cui massima espressione è la prevaricazione sul prossimo e per i quali il carcere, quella che a un comune cittadino potrebbe sembrare il punto più basso a cui l’essere umano può ambire, è solo una riga in più su un curriculum non scritto.


Il primo elemento è molto semplice: in Svezia, come d’altronde in molti altri paesi che non hanno conosciuto il fenomeno, non esiste il principio di Associazione di stampo mafioso. Esiste, come in quasi tutti gli ordinamenti, il reato di associazione criminale, ma si verifica solamente quando si prende parte in maniera attiva alla pianificazione di un crimine che viene in qualche modo portato a termine. Una circostanza troppo debole per colpire le persone senza scrupoli che stanno provando a mettere a soqquadro la capitale, probabilmente in un contesto di vuoto di potere nel traffico di droga emerso dopo gli arresti del 2020-21 della rete criminale di Vårby.


Un secondo elemento, più delicato da affrontare in una società come quella svedese, dove ci si preoccupa molto nel non indispettire chi è sensibile al tema del razzismo, è quello dell’origine delle attività criminali. Bisogna fare i conti con queste realtà e, nei limiti del possibile, incaricare persone competenti al fine di combatterle. E queste persone dovranno essere protette adeguatamente, altrimenti rischieranno di diventare eroi caduti sul campo, come i nostri Falcone, Borsellino e Dalla Chiesa, giusto per nominare i più celebri.


In Italia sappiamo che un certo tipo di criminalità organizzata ha radici in determinate parti del paese: Mafia in Sicilia, ‘Ndrangheta in Calabria e Camorra in Campania. Che poi queste associazioni criminali abbiano raggiunto livelli di espansione simili a quelle di una multinazionale, non cambia il fatto che le loro origini siano ben definite e, soprattutto, non corrisponde alla criminalizzazione di intere regioni o aree geografiche. Dovranno capire questo in Svezia: che la criminalità organizzata nasce in quartieri popolati da persone di origine non svedese (per lo più mediorientale, balcanica e somala) e che questa non si può spiegare con l’emarginazione sociale, soprattutto in uno dei paesi con il welfare più avanzato del mondo e in cui l’accesso a istruzione e lavoro è garantito in misura maggiore rispetto a quello che poteva essere il Sud Italia trenta, o cento anni fa. L’esperto di criminalità organizzata Gunnar Appelgren ha riferito che la recente ondata è legata alla necessità di queste gang di segnare il territorio e indicare la propria influenza. E’ stato segnalato il reclutamento, da parte di queste gang, di persone molto giovani, spesso minorenni affascinati da concetti quali il potere, la ricchezza e il lusso che ne deriva.


C’è, almeno in apparenza, un elemento positivo e che può far sperare in una rapida risoluzione del problema: la criminalità organizzata in Svezia non è ancora riuscita a scalare il potere come ha fatto in Italia. Non è sicuramente avvenuto ai livelli più alti ed è immaginabile che anche la politica locale sia per lo più immune. Le attività delle organizzazioni criminali svedesi si concentrano su elementi che non si possono sovrapporre con la sfera pubblica: il traffico di droga e di armi sono illegali, la prostituzione non è regolata (ed è illegale il consumo), per il momento non sembrano esserci interessi di sorta verso appalti e lavori pubblici. Sarà fondamentale mantenere vivo un tessuto sociale nelle aree definite vulnerabili, ad esempio attraverso la presenza di associazioni, punti di ritrovo per i giovani o club sportivi. Per quanto riguarda la natura dei crimini, specie quelli legati a droga e prostituzione, sarà necessario pensare ad un cambio di rotta sul proibizionismo attuale. E su questo, dovrà lavorare anche l'Italia.

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