
Il 20 settembre 2010, a meno di 24 ore dalla chiusura delle urne che decretavano la vittoria del Partito Moderato di Fredrik Reinfeldt e l’ingresso nel Riksdag, per la prima volta, dei Democratici Svedesi, forti del loro 5.7%, circa 10.000 persone si ritrovarono in piazza a Stoccolma per protestare contro la legittimazione istituzionale di un partito ritenuto xenofobo e figlio dei movimenti dell’estrema destra svedese di fine anni ’80. Dodici anni e 990.000 elettori dopo (tanti ne hanno guadagnati gli SD), Jimmie Åkesson, oggi come allora leader del partito, si appresta ad affrontare le trattative per la prima partecipazione ad un governo svedese.
Sono passati sette giorni dalle ultime elezioni svedesi e altrettanti ne mancano a quelle Italiane, in un’insolita tornata autunnale che potrebbe sancire un risultato simile a quello nordico, con Fratelli d’Italia oltre il 20% (e sarebbe la prima volta, dato che MSI e AN mai si erano permessi di navigare a certe latitudini) e il principale partito della sinistra punito nonostante un buon risultato elettorale (difficile per il PD peggiorare quello del 2018). Non è un caso che i Democratici Svedesi e Fratelli d’Italia siedano nello stesso gruppo all’Europarlamento.
Prima di affrontare la serie di errori commessa dalla sinistra svedese nell’affrontare il fenomeno SD, bisogna fare chiarezza su chi sono i Democratici Svedesi: nella stampa Italiana si è parlato di movimento post-fascista, espressione che però cozza con la storia politica svedese perchè per essere post-fascisti bisogna prima di tutto essere stati fascisti e in Svezia il fascismo non c’è mai stato (a differenza di Fratelli d’Italia che raccoglie l’eredità del MSI, cugino di primo grado dei combattenti repubblichini); alcune espressioni sono più appropriate, ad esempio quella di partito xenofobo, ma dalle indagini della tv di stato SVT è emerso che la percentuale di elettori di origine extra-Europea del partito nazional-conservatore era sovrapponibile a quella generale.
Se proprio vogliamo trovare un parallelo Italiano con quello dei Democratici Svedesi, potremmo parlare di una via di mezzo fra Forza Italia ed Alleanza Nazionale nel corso degli anni ’90 e il primo Movimento 5 Stelle: gli SD hanno dichiaratamente posizioni filoatlantiste (e spesso si sono espressi in favore di Israele, nonostante le polemiche con la comunità ebraica svedese) come Forza Italia, mentre con Alleanza Nazionale condividono un approccio simile in termini di immigrazione e di difesa dell’impianto sociale. Meno in comune hanno in termini di diritti civili: pur conservatori in partenza, gli SD hanno stabilito da tempo un gruppo di lavoro LGBT (prima presieduto dalla parlamentare Paula Bieler) e hanno dichiarato, al pari dei democristiani, che la legge sull’aborto non verrà toccata. Con il Movimento 5 Stelle degli inizi ha condiviso il ruolo di novità nel panorama politico rispetto ai vecchi partiti ritenuti ingessati e non in grado di offrire un adeguato rinnovamento della classe politica.
L’elettorato dei Democratici Svedesi è sorprendentemente composto da giovani (sono il secondo partito fra i nuovi elettori, dietro i Moderati) e, meno sorprendentemente, da operai (spesso vicini alla LO, l’equivalente svedese della CGIL). Importante il divario di genere, con il 25% dell’elettorato maschile a fronte del 16% femminile. I Democratici Svedesi sono l’unico partito svedese a non aver mai avuto una leader donna, ma nella loro trentennale storia hanno avuto solamente tre segretari, di cui uno, Jimmie Åkesson (in gioventù un Moderato), durante l’intero periodo di gloria; dal 2015 al 2019 la capogruppo al Riksdag era Julia Kronlid, che ha la fama di essere una creazionista. I due segretari precedenti, Mikael Jansson e Anders Klarström, arrivano rispettivamente dal Partito di Centro (un tempo rurale ed euroscettico) e dall’area neonazista, ma oggi sono fuoriusciti e Jansson fa parte di Alternativa per la Svezia, una scissione a destra degli SD che non è riuscita a raggiungere neppure l’1%.
Veniamo ora agli errori commessi nel corso degli anni. Il primo è sicuramente l’immediata ostracizzazione dei Democratici Svedesi da parte dei media nazionali: questo trattamento in Italia non venne riservato neppure al Movimento Sociale Italiano nel dopoguerra, con l’eccezione del Partito Comunista che si rifiutava di partecipare alle Tribune Politiche della Rai quando a queste erano invitati i missini. Questa scelta è servita agli SD per attrarre quell’elettorato deluso dalla politica (vedi similarità con i 5 Stelle) potendo vantare il rifiuto da parte dei partiti più tradizionali, inclusi i Moderati che sotto la guida di Fredrik Reinfeldt avevano stabilito una sorta di cordone sanitario attorno a loro.
Il secondo errore arriva a partire dal 2014, quando la sinistra torna al governo dopo otto anni e si trova immediatamente ad affrontare la crisi dei migranti. Già da qualche anno, nelle periferie svedesi, si erano verificati momenti di tensione con la polizia con auto bruciate e attacchi improvvisi a qualsiasi mezzo ritenuto espressione del potere statale (ambulanze incluse). Perfino la tv di stato Norvegese venne aggredita durante un reportage in seguito agli incidenti. Di fronte a queste circostanze, la sinistra svedese (su tutti Verdi e Partito della Sinistra, ma talvolta anche i Socialdemocratici, in particolare l’ex segretaria Mona Sahlin) ha sempre respinto al mittente ogni critica proveniente dagli Sverigedemokraterna, bollandola come razzista.
Lo stesso errore si ripete anche dopo il dietro-front sulla politica di asilo svedese, che già a partire dagli ultimi mesi del 2015 diviene più restrittiva. Nonostante una serie di eventi tragici (la morte dell’operatrice Alexandra Mezher in un centro rifugiati e un accoltellamento con due vittime da parte di un immigrato irregolare), le risorse destinate alla gestione degli immigrati più recenti non aumentano, allo stesso tempo non vengono stanziate risorse per l’integrazione e per le forze dell’ordine nei quartieri segregati (utsatta områden). Il problema quindi si sposta dall’immigrazione recente a quella di seconda generazione, con i giovani dei quartieri ghetto affascinati più dalla malavita organizzata che dalle possibilità offerte dal welfare svedese.
Negli ultimi anni si sono moltiplicate le sparatorie e gli attentati, spesso con vittime innocenti, con 1.2 omicidi intenzionali all’anno ogni 100.000 abitanti nel 2020 a fronte della Danimarca (1.0) e della Norvegia (0.7). Solo la Finlandia ha fatto peggio (1.7), ma qui oltre la metà dei reati è legata ad abusi di alcolici e sostanze stupefacenti e il 35% riguarda omicidi avvenuti in un contesto familiare o di prossimità. Nonostante questo, non si sono verificate modifiche alla legge attuale a dispetto delle richieste di azione da parte dell’opposizione (in questo caso dei Moderaterna) basate sul modello danese di lotta alla criminalità organizzata.
La sera delle elezioni più divisive della storia svedese, nel quartier generale del Partito della Sinistra era possibile vedere giovani con t-shirt indicanti il simbolo di divieto imposto sull’anemone blu (emblema dei Democratici Svedesi, che ha rimpiazzato la meno rassicurante fiamma degli anni ‘80), con la segretaria Nooshi Dadgostar che ha accusato il resto della politica svedese di ritenere che “alcune persone valgano meno di altre”.
I Verdi spesso si sono rivelati essere un partito estremamente critico nei confronti dei Democratici Svedesi a causa dei riferimenti estremisti e di eventi legati a messaggi social di alcuni esponenti, tuttavia il principale scandalo in termini di estremismo dell’epoca recente è stata l’appartenenza dell’ex Ministro per le Abitazioni Pubbliche, il verde Mehmet Kaplan, al movimento nazionalista turco dei Lupi Grigi, lo stesso che nel 1981 cercò di assassinare Papa Giovanni Paolo II. I Verdi avevano anche causato una crisi di governo poche ore dopo l’insediamento di Magdalena Andersson a Rosenbad, uscendo dall’esecutivo dopo che il parlamento aveva approvato la proposta di Legge Finanziaria del centro-destra con i voti degli SD aumentando gli investimenti per la sicurezza (il Centro si era astenuto senza appoggiare quella socialdemocratica).
L’avversione ai Democratici Svedesi e la critica alle decisioni dei Socialdemocratici di moderare le proprie posizioni in termini di immigrazione e integrazione, ha generato almeno due partiti che con estrema probabilità, nonostante percentuali risibili, hanno tolto al centro-sinistra la possibilità di governare: il primo in termini cronologici è stato Iniziativa Femminista, un tempo addirittura nel Parlamento Europeo e oggi sotto l’1%, ma ancora consistente nella città di Stoccolma. Il partito, appartenente all’area femminista radicale (pur con enormi differenze al suo interno su questioni di genere), era stato fondato dall’ex segretaria della Sinistra Gudrun Schyman, che recentemente se n’è allontanata. Il secondo, proprio a queste elezioni, è stato il partito Nyans, un movimento politico di matrice islamica che ha svolto la propria campagna elettorale nelle periferie. Anche loro non hanno raggiunto l’1% a livello nazionale, ma dovrebbero essere sopra il 5% a Malmö, sottraendo voti ai Socialdemocratici.
Tutto questo mentre Magdalena Andersson, la prima Premier donna del paese, recuperava la credibilità che il suo partito aveva perso durante gli anni della leadership debole di Stefan Lofven, ritenuto troppo malleabile nei confronti degli alleati di governo (in particolar modo i Verdi) ed eccessivamente legato alle dinamiche sindacali dalle quali proveniva. “Maggan”, così chiamata dai propri simpatizzanti, ha preso la difficilissima decisione di portare il paese nella Nato, peraltro con uno stratagemma parlamentare piuttosto raffinato: ha fatto approvare l’adesione con un voto per acclamazione (cosa possibile nel sistema svedese) per evitare il “No” di Verdi e Sinistra, elemento che avrebbe potuto condurre alla seconda crisi di governo.
Il giorno dopo la sparatoria di Årby, ad Eskilstuna, Magdalena Andersson si è presentata con un immaginario elmetto in testa, non ha voluto lasciare solo un distretto tradizionalmente vicino al suo partito. Pochi giorni dopo ha detto “Non possiamo permetterci di avere delle Somali-Town in Svezia”, riferendosi a una delle comunità più numerose e problematiche fra quelle nei quartieri segregati. L’11 settembre i Socialdemocratici hanno guadagnato il 3% nelle due sezioni del quartiere di Eskilstuna, i Democratici Svedesi sono arretrati, mentre in altre parti della città questi sono saliti oltre il 30%.
Mercoledì, alla chiusura della conta, il Partito Socialdemocratico targato Magdalena Andersson aveva guadagnato il 2% e circa 120.000 elettori rispetto al 2018, a fronte di un’astensione in crescita. E’ evidente che il suo pragmatismo e la sua preparazione (in particolar modo in ambito economico), erano stati premiati dall’elettorato. Tutto questo mentre la Sinistra di Nooshi Dadgostar indietreggiava e i Verdi riuscivano a salire solo grazie ai voti giunti in soccorso per evitare loro l’uscita dal parlamento. Anche il Partito di Centro, ora Europeista e urbano, guidato da Annie Lööf (fortemente avversa ai nazional-conservatori) è indietreggiato profondamente, tanto che quest’ultima si è recentemente dimessa dopo undici anni alla guida. Magdalena Andersson ha rinsaldato, per quanto possibile, anche i rapporti con Ulf Kristersson, il quale si è ritrovato un’avversaria molto più credibile rispetto al debole Lofven di pochi anni prima. Lui probabilmente sarà il prossimo premier svedese, ma ha subito un doppio rovescio elettorale al quale pochi sarebbero sopravvissuti. Lui ci è riuscito grazie al suicidio della sinistra radicale svedese.
Cambiando nomi e sigle, il discorso non cambia. La demonizzazione di Silvio Berlusconi nel 2006, del Movimento 5 Stelle ad inizio 2010, della Lega di Salvini nel 2019 e ora di Fratelli d’Italia, non premia. Premia, invece, affrontare i propri avversari con programmi e decisioni credibili. Probabilmente ha premiato anche il fattore-Maggan (ai danni di Annie Lööf), ovvero la prima donna premier nella storia della Svezia, ma questo a riprova che l’elettorato premia prima la competenza e la riconoscibilità a dispetto del genere o dell’identità culturale. E’ per questo che Nyans non è andato oltre le periferie radicalizzate; è per questo che Iniziativa Femminista in Svezia ha provocato più danni alla sinistra che benefici; è per questo che Mona Sahlin, protagonista di numerosi scandali e di prese di posizione culturalmente autopunitive, è ritenuta la peggior leader socialdemocratica di sempre; è per questo che Magdalena Andersson ha convinto il suo partito e riconquistato elettori ed è per questo che, probabilmente, fra sette giorni Giorgia Meloni, una donna di destra che dice e fa cose di destra (Enrico Letta per ora si è limitato a dire "Viva le devianze"), vincerà le elezioni.