
Una settimana, tra l’altro di vacanze considerato il periodo pasquale, ed è tutta un’altra Finlandia: il voto lancia il centro-destra, Sanna Marin si dimette da presidente del Partito Socialdemocratico (ancora prima di farlo da premier) e il paese entra nella Nato dopo quasi 80 anni di neutralità a livello internazionale.
Partiamo dall’ultimo punto, che cambia l’immagine internazionale della Finlandia, ma era diventato certezza indipendentemente dal risultato elettorale: il governo che arriverà, sarà il primo a doversi confrontare come membro Nato a tutti gli effetti assieme ai partner dell’alleanza, in un contesto sempre più incerto dopo le recenti rivelazioni legate alla strategia americana e ucraina nei confronti dell’invasione russa.
Non sarebbe cambiato nulla con un altro risultato elettorale: fra i partiti entrati in parlamento, solo una minoranza interna al Partito della Sinistra si è opposta all’adesione all’Alleanza Atlantica ed è prevedibile che il partito di Li Andersson decida di sedersi all’opposizione dopo la performance negativa alle urne.
Capitolo centro-destra: nonostante il buon risultato di Coalizione Nazionale e l’exploit dei Veri Finlandesi, l’opposizione al governo di Sanna Marin ha ottenuto 100 seggi, gli stessi della maggioranza che la appoggiava. Questo significa che il premier in pectore, Petteri Orpo, dovrà raggiungere accordi significativi per rendere questo risultato efficace in termini politici: in teoria, i 100 seggi dovrebbero bastare per guidare il paese con una maggioranza politicamente orientata a destra (il pareggio fra gli schieramenti conta come voto di fiducia), ma questa sarebbe dipendente dall’umorale Harry Harkimo, leader ed unico parlamentare del Movimento Ora, senza contare il fatto che i Veri Finlandesi, ad ogni legislatura, hanno sempre perso pezzi per strada.
I due potenziali candidati a nuovo partner di coalizione sarebbero il Partito di Centro e i Popolari Svedesi: il primo, attraverso le parole della presidente Annika Saarikko, si è tirato fuori dai giochi dopo la debacle che ha visto il partito perdere anche nelle roccaforti storiche del centro-nord, annunciando di voler rimanere all’opposizione dopo otto anni consecutivi al vertice in cui ha governato sia con il centro-destra (e, per un biennio, i Veri Finlandesi) che, più recentemente, con il centro-sinistra; i Popolari Svedesi sono un partito centrista, appartenente al gruppo di Renew Europe, che rappresenta la minoranza di lingua svedese e che in passato ha governato con coalizioni di centro-destra, all’epoca però estranee all’alleanza con la destra populista, con la quale esiste un forte disaccordo sullo status di lingua ufficiale dello svedese (i Veri Finlandesi vorrebbero limitarla, se non addirittura abolirla), oltre a posizioni opposte sui diritti civili.
Se Petteri Orpo non riuscirà a costruire una maggioranza solida con i partiti alla sua destra, potrà giocarsi la carta “larghe intese” nei confronti dei Socialdemocratici, orfani di Sanna Marin che, prima di dimettersi, si è detta disponibile ad un accordo per un governo ampio. Ad una coalizione rosso-blu mancherebbero solo nove seggi per la fiducia, facilmente individuabili nei Popolari Svedesi, che non avrebbero difficoltà a far parte di un governo meno orientato ideologicamente, oltre che ai Cristiano Democratici.
A proposito, che ne è di Sanna Marin? Le dimissioni sono state sicuramente un colpo a sorpresa, considerato il segno positivo di fianco allo score dei Socialdemocratici e il sostegno internazionale guadagnato dalla premier uscente nei tre anni durante i quali ha guidato il paese, affrontando sfide difficilissime come la pandemia e la crisi energetica legata alla guerra.
In molti hanno speculato su una possibile decisione personale, non diversa da quella che ha portato una sua omologa sia per età che orientamento politico, la neozelandese Jacinda Ardern, a dimettersi. Non è dato sapere, anche perchè all’orizzonte ci sono due appuntamenti che Marin potrebbe affrontare meglio senza l’incombenza del ruolo di leader di partito.
La prima: nei primi mesi del 2024 ci saranno le elezioni presidenziali in Finlandia e l’uscente Sauli Niinistö non si potrà ricandidare avendo raggiunto il limite di due mandati; il ruolo di presidente è molto simile a quello italiano, ma la scelta tocca ai cittadini che potrebbero premiarla (o meno) anche in virtù di un possibile accordo con Coalizione Nazionale.
La seconda: nella primavera del 2024 si voterà per le elezioni europee ed il gruppo Socialista al parlamento di Bruxelles e Strasburgo dovrà presentare un volto nuovo in grado di affrontare la Presidente della Commissione Ursula von Der Leyen o, in alternativa, il suo successore proposto dal Partito Popolare. Sarà questa la prossima fermata per Sanna Marin?