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Nel regno del cashless, pochi limiti ai contanti


Alla domenica mattina, il mercatino dell'usato di Kadettangen a Sandvika, nell'hinterland di Oslo, è un piccolo appuntamento che diversi abitanti locali non vogliono perdersi. Il materiale in vendita è il classico: soprammobili, qualche capo di vestiario, quadri e vinili da collezionare.


Spesso gli acquisti sono del valore di poche decine di corone (al cambio attuale 1 Euro equivale a circa 10.3 corone), ciononostante i contanti sono una componente quasi dimenticata. "Puoi pagare con Vipps" indicano i cartelli dei venditori. Il funzionamento è semplice: si inviano soldi al numero di telefono del venditore. E' sufficiente collegare i propri numeri di telefono alle carte di credito e scegliere un pin da utilizzare al momento opportuno. Fino a 5000 corone incassate in un anno, non è necessario avere la partita Iva locale per usarlo, tanto che è possibile pagare con questa app addirittura presso le piccole bancarelle estive allestite per gioco dai bambini. Vi sono app simili nel resto del Nord Europa e perfino in Italia.


E i costi? Non sono fissi, vanno a percentuale e variano a seconda del tipo di acquisto e della natura del venditore (privato, azienda o no profit), ad ogni modo non si supera il 2.25% dell'importo pagato. Un paio di guanti invernali, venduti a 100 corone da una giovane coppia che ne aveva uno stock in garage, toglie dalle tasche dei commercianti una ventina di centesimi di Euro.

L'impatto della legislazione? Limitato. In Danimarca circa un terzo della popolazione utilizza l'app Mobilepay, l'equivalente locale della Norvegese Vipps, eppure l'unico limite è di 20000 corone (circa 2600 euro) e si applica solo agli acquisti di beni e servizi presso aziende. Stesso limite in Norvegia, ma elevato a circa 3800 Euro. In Finlandia e Svezia il limite è discrezionale per il venditore, che può stabilire se rifiutare pagamenti in contanti in toto oppure se è presente un numero eccessivo di monete. In Islanda non vi sono limiti di nessun tipo.

Non sono disponibili dati statistici completi sulla Norvegia, ma, nella vicina Svezia, nel 2020, sono avvenuti oltre 5 miliardi di pagamenti cashless, a fronte dei 7 dell'Italia. Considerato che in Svezia vive un sesto della popolazione del nostro paese, è come se ogni abitante della Svezia, in un anno, avesse compiuto 534 pagamenti virtuali contro i 130 di ogni Italiano. La buona notizia è che, nel periodo pre-pandemia, la crescita dei pagamenti virtuali in Italia era a doppia cifra percentuale, mentre in Svezia si è da tempo assestata.


Per fare un paragone storico, in Svezia il valore della cartamoneta in circolazione è lo stesso del 1978, senza neppure considerare il tasso di inflazione, mentre in Italia è 10 volte tanto. Peggio hanno fatto solo Giappone e Stati Uniti, anche se questi ultimi hanno un tasso di accesso ai pagamenti online equiparabile a quello svedese.

I dati del mercato nero, che spazia da semplici pagamenti non registrati (il famoso scontrino del caffè al bar o la fattura dell'idraulico) a scambi di natura criminale (droga, prostituzione ecc) nel 2015 andavano dall'11% svedese al 15% in Danimarca, mentre in Italia si sfiorava il 23%. Per fare un paragone, la Svizzera era il paese con il tasso più basso di economia sommersa, con meno del 7% e si tratta di un altro paese con un livello di circolazione di cartamoneta piuttosto alto.


Indubbiamente i costi ridotti aiutano, così come aiuta il fatto di avere un alto livello di alfabetizzazione infomatica che si estende a tutte le fasce di età.

Che si possa trattare, invece, di un fattore legato all'assenza di educazione civica e formazione economica è parzialmente spiegato dalla percentuale di laureati di ciascun paese: il tasso di laureati fra i 25 e i 64 anni nel Nord Europa va dal 36% della Danimarca al 42% della Finlandia, mentre in Italia siamo al 17% con valori decisamente inferiori nella fascia di età superiore ai 45 anni.

E se la laurea non è un valore indicativo, lo può essere il titolo di licenza di scuola superiore: nel 2015 il 74% degli Italiani fra i 25 e i 34 anni era in possesso dell'esame di maturità o di un diploma professionale, mentre, fra i paesi Nordici, quello con lo score più basso era la Norvegia con l'81%. La Svizzera, capofila dei paesi virtuosi in termini di economia sommersa, aveva una percentuale di diplomati in quella fascia d'età all'84%

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