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Gli islamisti e le fake news sulla Bibbiano svedese


Durante la campagna elettorale dello scorso agosto, in Svezia, il partito Nyans aveva provato, inutilmente, a renderlo il proprio cavallo di battaglia. Ora, la questione dell’intervento degli assistenti sociali in alcuni casi di maltrattamenti legati a famiglie di immigrati ha costretto la Ministra per gli Affari Sociali, Camilla Waltersson Grönvall, ad intervenire.


La questione viene fatta emergere all’interno delle comunità islamiche, specialmente nelle periferie vulnerabili della Svezia: le autorità intervengono per sottrarre i minori alla custodia parentale e, secondo alcuni canali social in lingua araba, si tratta di allontanamenti legati alla pratica della religione musulmana. In un articolo della tv svedese, viene fatto il nome del gruppo Shuon Islamiya (Affari Islamici), gestito dal blogger egiziano Mustafa Al-Sharqawi. Una delle sue ultime accuse risale al mese di novembre ed è stata ripresa anche dalla televisione di stato turca TRT, sebbene fosse stato comprovato che la bambina adottata da una coppia gay non fosse musulmana, ma cristiano-caldea di origine siriana.


La legge svedese, ovviamene, non fa alcun riferimento alla religione fra i motivi che possono causare l’intervento dei servizi sociali e l’allontanamento dalla famiglia. Come in qualsiasi altro paese con consolidato diritto familiare ispirato al rispetto dei diritti dell’infanzia, i minori (e, in alcuni casi, anche i maggiorenni fino ai 21 anni) possono essere sottratti alla famiglia e protetti dallo stato nel caso la loro permanenza ne metta a rischio la salute o lo sviluppo. E’ il caso di violenze o maltrattamenti, oppure si può verificare anche quando i minori hanno un comportamento anti-sociale tale da rendere necessario l’intervento delle autorità.


La ministra Waltersson Grönvall ha ribadito ieri che “la legge Svedese non discrimina nè il genere, nè la religione”. A novembre, il Comune di Göteborg aveva agito per vie legali difendendosi dalle accuse di rapimento mosse attraverso i social media.


L’impressione che qualcuno stia soffiando sul fuoco del malcontento nelle periferie vulnerabili è piuttosto evidente. Già nelle settimane che avevano anticipato il voto, si era registrato qualche dissapore fra i Socialdemocratici, storicamente forti in questi quartieri, e gli abitanti provenienti da Africa o Medio Oriente, a causa della stretta sulla sicurezza annunciata da Magdalena Andersson e proseguita dal suo rivale e successore Ulf Kristersson. Già in quel caso, Nyans, il partito filo-turco che ha provato ad insediarsi nelle periferie, aveva cercato, con poco successo, di calcare la mano sul tema degli allontanamenti.


A Febbraio, un articolo dell’Aftonbladet aveva dimostrato che, nei casi gestiti dai Servizi Sociali in Svezia, il 22% dei bambini di origine straniera veniva allontanato dalle famiglie, mentre nei casi di famiglie svedesi la percentuale scendeva al 9%. La docente di Scienze Sociali presso l’Università di Karlstad, Brigitta Persdotter, ha indicato che spesso, nelle famiglie di origine straniera, viene rifiutato il passaggio intermedio che consiste in una collaborazione volontaria con i servizi sociali, mentre le famiglie svedesi tendono ad accettare più spesso questa soluzione.


Oltre ai problemi tristemente comuni legati ad abusi, maltrattamenti e violenze, trasversali pressochè ad ogni società, non è mistero che fra le comunità di origine straniera, in particolar modo quelle esterne alla Scandinavia, siano comuni pratiche quali i matrimoni forzati, l’esclusione volontaria dalla cultura del paese ospitante, oppure, in alcuni casi, la mutilazione genitale.


Il centro nazionale di statistica svedese dimostra che nel 1970 erano circa 1800 i matrimoni con almeno un componente minorenne in Svezia (di cui 800 all’interno di famiglie straniere), mentre nel 2000 si era scesi a 300 casi in tutto, con la quasi totalità dei casi legati a comunità non svedesi. La percentuale fra svedesi e non svedesi, in un analogo studio del 2008, si equivale quando l’età presa in considerazione è fra i 16 e i 24 anni. Queste informazioni, raccolte proprio nel 2008 dall’associazion “Ungdomsstyrelse” nella ricerca “Gift mot sin vilja” (Sposati contro il proprio volere) aveva dimostrato che circa il 5% dei giovani intervistati aveva dichiarato che i propri genitori erano incaricati di scegliere il partner. Tale percentuale era del 2,6% fra le giovani ragazze (16-24 anni) originarie del Nord Europa e 21,8% fra le coetanee appartenenti ad altre comunità (rispettivamente 2,6% e 16% per i maschi).


Il caso più noto è stato quello dell'omicidio di Fadime Sahindal, una giovane curda uccisa dal padre nel 2002, solo due mesi dopo la sua testimonianza di fronte al Riksdag sul suo allontanamento dalla famiglia dopo aver rifiutato il matrimonio combinato con un cugino ed essere fuggita con il fidanzato svedese.


Per quello che riguarda l’autosegregazione, nella stessa ricerca, circa il 30% dei giovani (sia maschi che femmine) con limitazioni alla propria sfera sentimentale, ha dichiarato che i propri genitori avevano escluso dal curriculum scolastico almeno una delle materia previste, mentre in alcuni casi le materie escluse erano più di cinque.


Il tema delle mutilazioni genitali femminili e dell’infibulazione é stato affrontato nel 2014 dalla Sveriges Radio, secondo la quale circa 90.000 donne (circa lo 0.2% del totale del paese) ne erano vittima.

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