
Le elezioni in Finlandia hanno premiato il centro-destra e leader di Coalizione Nazionale Petteri Orpo; ricordano per molti versi il voto svedese che, lo scorso settembre, ha incoronato premier Ulf Kristersson, nonostante il buon risultato dei Socialdemocratici guidati dalla premier uscente e del partito più a destra del parlamento.
E’ andata così anche in Finlandia, dove però l’incarico di governo sarà affidato quasi sicuramente al leader del partito vincente (in Svezia è spettato addirittura al terzo classificato): Petteri Orpo, già vicepremier dal 2017 al 2019 e Ministro delle Finanze sotto il governo del centrista Sipilä, riceverà dal Presidente Niinistö la responsabilità di formare una maggioranza.
Per il leader del centro-destra moderato le alternative sono due: un governo di centro-destra con i Coalizione Nazionale (20.8%) Veri Finlandesi (20.1%), i Cristiano Democratici (4.2%) e il Movimento Ora (2.4%), che avrebbe a malapena i numeri per reggere in parlamento (finirebbe 100 a 100 con l’opposizione, ma la parità vale per la fiducia), oppure un governo di larghe intese con i Socialdemocratici (19.9%), al qualche mancherebbero 9 seggi per la maggioranza, facilmente individuabili fra i Popolari della minoranza svedese (4.3%).
I Veri Finlandesi, il partito di destra populista guidato da Riikka Purra, hanno migliorato il risultato di quattro anni fa, anche a dispetto di uno score negativo fra le schede consegnate nei giorni antecedenti il voto (il voto anticipato è previsto, contrariamente all’Italia). Purra ha sicuramente conquistato terreno, soprattutto fra gli elettori delusi del Partito di Centro (11.3%) nelle regioni più rurali, ma manca l’obiettivo di arrivare in testa e garantirsi, se non proprio il ruolo di premier, quello di king-maker.
La premier uscente Sanna Marin ha ottenuto un buon risultato a scapito degli alleati di governo: strappa voti soprattutto ai Verdi (7%, perdono oltre il 4%) e il Partito della Sinistra (7.1%), confermando la tendenza positiva dei socialdemocratici nel Nord Europa dopo l’exploit di Magdalena Andersson e la riconferma di Mette Frederiksen. Quasi certamente, non sarà lei la premier del prossimo governo, ma potrebbe guardare alle presidenziali del 2024 con una certa fiducia.
Grandi sconfitti il Centro, i Verdi e il Partito della Sinistra: i centristi di Annika Saarikko ottengono il peggior risultato dall’indipendenza del 1917, complice il fatto di aver governato prima con il centro-destra fra il 2015 e il 2019 e poi con il centro-sinistra. Saarikko aveva già annunciato l’intenzione di non far parte di un governo simile a quello uscente, è probabile che chiamerà fuori il suo partito per non perdere ulteriori consensi. I Verdi, rivelazione nel voto di quattro anni fa, perdono 7 seggi, probabilmente a causa dell’importante affermazione della premier che ha offuscato il Ministro degli Esteri Pekka Haavisto.
Le elezioni si sono giocate su due terreni, quello dell’adesione alla Nato (pressochè certa dopo il via libera di Turchia e Ungheria) e la gestione del crescente debito pubblico: la partita della Nato vedeva l’intero arco parlamentare a favore, con l’eccezione di una minoranza interna al Partito della Sinistra, sceso dell’1% a beneficio dei Socialdemocratici, pagando probabilmente la divisione su un tema che poteva portare loro un consenso aggiuntivo non essendoci altre forze contrarie all’accesso; la gestione del debito pubblico è stata quasi certamente un vantaggio per Coalizione Nazionale, che ha accusato il governo di centro-sinistra di aver aumentato la spesa attraverso i sostegni legati al post-Covid e alla crisi energetica seguita all’invasione russa in Ucraina.