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Amministrative di settembre, Laburisti al capolinea?


Fra meno di un mese, gli abitanti della Norvegia saranno chiamati alle urne per le elezioni amministrative, che comprendono il rinnovo dei consigli comunali e regionali. Potranno votare anche i cittadini stranieri residenti in Norvegia da almeno tre anni (nessun limite per svedesi, danesi, islandesi e finlandesi).


Questo significa che i circa 7700 italiani residenti al settembre del 2020 potranno recarsi alle urne nel proprio comune norvegese. A tal proposito, LaScandinavia.com ha messo a punto un’indagine per comprendere le intenzioni di voto degli italiani in Norvegia: potete dare la vostra indicazione di voto, in forma completamente anonima, a questo link.


Diversamente dall’Italia, in Norvegia i consigli comunali si rinnovano contemporaneamente e non è previsto lo scioglimento o le elezioni anticipate, questo significa che le urne saranno aperte in tutti i comuni. Ovviamente, gli occhi dei media sono puntati sulle principali città del paese: Oslo, Bergen, Trondheim e Stavanger, le quattro più popolose, sono amministrate dalla coalizione di centro-sinistra.


E’ proprio il Partito Laburista a correre i maggiori rischi in questa tornata elettorale: al governo del paese dal 2021 assieme a centristi e socialisti, lo storico Arbeiderpartiet è prossimo a perdere il primato politico del paese, un evento che non si è mai verificato alle elezioni locali, mentre per le politiche nazionali bisogna risalire al 1924, quando i laburisti vennero relegati al terzo posto a causa di una scissione. I sondaggi, al momento, indicano i Conservatori dell’ex premier Erna Solberg attorno al 30% dei consensi e i Laburisti sotto il 20%.


Oltre alle quattro grandi città, ve ne sono altre tre sotto la lente di ingrandimento: Lillestrøm, Sarpsborg e Stange. Qui è dove i Laburisti governano ininterrottamente dal 1923 e, dopo 100 anni, rischiano di essere sfrattati dalla poltrona di sindaco. Se dovesse accadere, le conseguenze per il principale partito della coalizione di centro-sinistra potrebbero essere catastrofiche.


Lo scenario peggiore del prossimo 11 settembre è quello che prevede le dimissioni del primo ministro Jonas Gahr Støre: ad oggi, il blocco dei partiti di centro-sinistra (ovvero quello che va dai post-comunisti del Partito Rosso, all’opposizione, fino agli agrari del Partito di Centro) si aggira attorno al 45%, ma se i consensi dovessero calare sotto la soglia psicologica del 40%, o i Laburisti dovessero scendere ampiamente sotto al 20%, l’esecutivo potrebbe dimettersi con due anni d’anticipo. Qualcuno ha anche paventato il possibile ritorno in patria dell’attuale segretario generale della Nato, l’ex primo ministro (anch’egli laburista) Jens Stoltenberg, rimasto piuttosto popolare anche dopo la sconfitta del 2013.


Il Partito di Destra, ovvero i conservatori dell’ex premier Erna Solberg, punta a riprendersi Oslo, che dal 2015 è gestita dal factotum laburista Raymond Johansen e dalla socialista Marianne Borgen. Nella capitale, infatti, vige un sistema parlamentare simile a quello nazionale (lo stesso di Bergen e Tromsø) dove i poteri sono divisi fra il Presidente del Consiglio Comunale (al momento Johansen) e il sindaco (Borgen): la sfida per quest’ultimo ruolo è fra due donne. I laburisti mettono in campo Rina Mariann Hansen (sostenuta in lista anche dalla prima premier donna del paese, l’83enne Gro Harlem Brundtland) e i conservatori Anne Lindboe. Raymond Johansen corre di nuovo per la presidenza del consiglio, il suo avversario è Eirik Lae Solberg. Rimane da chiarire se i conservatori vorranno consolidare l’asse con i liberali della Venstre e i cristiano-democratici, o se punteranno su una nuova alleanza con i populisti del Partito del Progresso.

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