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Al Nord la destra ha fatto pace con l'aborto. In Italia, no


Nel giro di pochi giorni sono successe due cose molto collegate fra loro nei due paesi andati al voto di recente, Italia e Svezia: nel primo, è stato eletto Presidente della Camera Lorenzo Fontana, apertamente antiabortista ed esponente di un cristianesimo conservatore e militante che metterebbe in imbarazzo Amintore Fanfani. A Stoccolma, invece, durante la presentazione del programma di governo di centro-destra, il segretario Liberale, Jonas Pehrson, ha detto pubblicamente che difenderanno il diritto all’aborto, che si sospettava potesse diventare oggetto di discussione da parte degli alleati KD e SD.


L’elezione di Fontana arriva nel pieno di un dibattito legato all’attuazione della 194: secondo la futura premier Giorgia Meloni non si ricorrerebbe a sufficienza a misure di sostegno sociale ed economico alle donne incinte, mentre la regione Piemonte ha stanziato 400mila Euro a fondi pro-vita. La domanda per chi vive nel Nord Europa sorge spontanea: cosa differenzia l’Italia dai paesi nordici?


Il primo approccio, quello storico, individua come la legge in Italia sia arrivata a concedere l’aborto molto più tardi: diventò legale nel 1978 e sottoposto a un doppio referendum tre anni più tardi per estenderlo o limitarlo (entrambe le proposte bocciate). In Finlandia la legalità arrivò già nel 1950, in Danimarca e Svezia addirittura a fine anni ‘30 in forma limitata, in Norvegia nel 1960. Solo in Islanda si dovette aspettare il 1975.


A livello locale le Farøer, territorio autonomo Danese, prevedono l’aborto solo per rischi legati alla vita e alla salute della donna (senza limiti) oppure in caso di violenza sessuale e rischi alla salute del feto (entro le 16 settimane). Vietato l’aborto su richiesta, anche quando in difficili condizioni socio-economiche. Rimane la possibilità per le donne delle Farøer di abortire su richiesta nella Danimarca continentale.


Fra i cinque paesi nordici, la Finlandia è la più conservatrice poichè è ristretto l’aborto su richiesta ed è concesso nelle prime 12 settimane dal concepimento per difficoltà socio-economiche. I rischi per la salute della donna prevedono il ricorso entro le prime 20 settimane (24 in caso di rischi per il feto), mentre sono 12 in caso di stupro. L’aborto su richiesta, sebbene non esplicitamente previsto dalla legge, è tuttavia praticabile nelle prime dodici settimane con il consenso di un medico per le donne sotto i 17 anni e sopra i 40, due medici fra i 18 e i 39.


Le associazioni femministe finlandesi hanno fatto richiesta al parlamento con la raccolta di 50.000 firme per rendere accessibile l’aborto su richiesta senza la necessità dell’approvazione medica, ma al momento la legge non è stata discussa.


Norvegia e Svezia non prevedono limiti di tempo per la salute e la vita della donna, per le restanti ragioni il limite è di 18 settimane (in Norvegia) e 22 (in Svezia), con l’eccezione dell’aborto su richiesta che nel primo paese è consentito solo entro le prime 12.


Vi sono poi Islanda e Danimarca con una legislazione più liberale: nell’isola, l’unico limite esplicito sono 22 settimane per l’aborto su richiesta, mentre la Danimarca ne prevede 12.


A livello statistico, i dati indicano che la Svezia è il paese in cui le donne fanno maggiormente ricorso all’aborto (20.2 ogni 1000 donne fra i 15 e i 44 anni), seguono Norvegia (15.2), Danimarca (14.3), Islanda (14.2) e infine la Finlandia (11.1) dove probabilmente influisce la limitazione per l’aborto su richiesta. In Italia, dove la legge non è restrittiva come in Finlandia, ma l’accesso è reso più difficile dalla marcata presenza di medici obiettori, ricorrono all’aborto 10.6 donne su 1000 in età fertile.

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